Ago, filo e tanti piccoli nodi per un prezioso pizzo caratterizzato da eleganti motivi geometrici costruiti con un susseguirsi di pieni e di vuoti, con tanta fantasia e abilità.
Nato nelle pazienti mani delle donne di montagna ai piedi del Monte Rosa, per secoli la tecnica di realizzazione del “Puncetto Valsesiano” è stata tramandata solo verbalmente e molto gelosamente, in ambiti parentali o di piccole comunità, al punto di assumere valore identitario, elemento distintivo di stato civile, immancabile ornamento sia negli abiti festivi che in quelli da lavoro.
La Tecnica
Nasce da un susseguirsi di nodi ben stretti, alternando parti piene e parti vote al fine di creare eleganti motivi geometrici. Si inizia creando un disegno su fogli a quadretti, facendo corrispondere a ogni quadretto uno specifico nodo. Solitamente vengono utilizzati due tipi di nodi:
- di andata, che si esegue da sinistra verso destra, con il filo che gira sull’ago in senso orario;
- di ritorno, opposto rispetto al primo, da destra verso sinistra con il filo che gira sull’ago in senso antiorario.
Cosi facendo è possibile realizzare lavori di qualsiasi tipo, anche complessi.
La Storia
Il più antico documento esistente sul Puncetto Valsesiano è un atto notarile del 1685, un atto dotale, che per un grande fazzoletto bianco inserito nella dote, certifica essere ornato da “ponchietto”. Bisogna quindi presumere che a quell’epoca esso fosse già ampiamente radicato nella cultura artigianale tradizionale e la sua tecnica fosse già ben sviluppata e definita.
Prova ne sono anche le testimonianze iconografiche del diciassettesimo secolo, come la statua della Madonna alla Cappella n° 4 del Sacro Monte di Varallo (patrimonio Unesco dal 2003, insieme agli altri Sacri Monti Piemontesi e Lombardi).
Manufatti con puncetto di antica produzione (inizio ‘800) giunti fino a noi, si trovano nella biancheria della casa, ma soprattutto nelle camicie e nei grembiuli delle donne che sono ancora oggi elemento dell’abito tradizionale.
Il Puncetto ebbe un periodo di notorietà internazionale alla fine del diciannovesimo secolo, in parte per iniziativa della corte di Margherita di Savoia. La Regina frequentò la Valle e il Monte Rosa, favorendone la conoscenza, grazie anche ai viaggiatori inglesi, pionieri dell’alpinismo, che ne descrissero la particolarità nei loro diari. Le due pubblicazioni più datate sono infatti in lingua inglese.
Nel secondo dopoguerra il puncetto, come tutti i manufatti simili, perse attrattiva, nonostante alcuni tentativi di commercializzazione.
Negli anni Ottanta, intuendo che il Puncetto Valsesiano con il passare del tempo, essendo diffuso solo in valle, rischiava di scomparire, gli amministratori locali promossero l’istituzione di Scuole.
In collaborazione con la competente Camera di Commercio di Vercelli, fu promossa la registrazione di un Marchio del “Puncetto Valsesiano”, di un Marchio della “Scuola di Puncetto Valsesiano” e di un Albo delle Maestre di Puncetto.
Furono avviati specifici corsi per l’insegnamento del Puncetto Valsesiano, aperti a tutti. Si mise inoltre a punto un apposito protocollo per l’assegnazione di un Certificato di Garanzia per i lavori eseguiti a regola d’arte.
L’utilizzo dei marchi, la nomina delle maestre, la gestione dei corsi e l’assegnazione dei Certificati di garanzia furono poi demandati alla Società Operaia di Mutuo Soccorso di Varallo, che divenne in questo modo il braccio operativo e il punto di riferimento in materia di puncetto.
La Società Operaia di Mutuo Soccorso organizza ogni anno corsi, dimostrazioni e workshop per soddisfare varie esigenze sia di avvicinamento che di perfezionamento della tecnica. Un supporto fondamentale per la didattica è stato quello di codificare graficamente ogni lavoro e, quindi, ridurre anche le costruzioni più complesse ad una somma di singoli moduli, ognuno con difficoltà di esecuzione variabile.
Non si conosce l’identità di colui che realizzò il primo puncetto, né quando ciò avvenne, l’unica cosa certa è che si tratti di un’arte inventata dalle donne valsesiane di un tempo. Donne che, seppure segnate dagli sforzi e dalle fatiche quotidiane, hanno saputo creare capolavori di precisione e pazienza.
Il puncetto si tramanda da secoli e da sempre si realizza utilizzando solo ago e filo, unendo fra di loro migliaia di piccoli nodi e creando, con il susseguirsi di pieni e di vuoti, i preziosi ricami che andavano poi ad ornare vestiti, mobili e finestre. Si dice che per i disegni si traesse ispirazione dall’osservazione del mondo circostante, come per esempio dai cristalli di ghiaccio che compongono i fiocchi di neve.
La Bottega Artigiana di Varallo e le varie esposizioni permanenti e temporanee sono occasioni per ammirare questi manufatti, semplici e al tempo stesso sublimi. Ma il puncetto è soprattutto vita quotidiana più che pezzo da esposizione e, ogni casa della valle che conserva corredi e tendine di famiglia, potrebbe essere un piccolo museo.
Le origini del puncetto sono ancora oggi argomento di studio, ma di certo in Valsesia e in particolare nella Valle Vogna si sono svolte tappe fondamentali della sua storia. Presente anche in altre zone dell’arco alpino è ormai opinione diffusa che sia nato come punto di congiunzione per unire fra loro i lembi della tela di canapa.